Sul valore del lavoro creativo e della stampa giclée

Qualche mese fa si è tenuto PawChewGo, un bellissimo evento di illustrazione che si tiene ogni primavera a BASE Milano e penso sia mancato a tutti negli ultimi anni. 

Innanzi tutto ci tengo a sottolineare la bellezza di questa occasione, un’emozione unica, non vedevo tanta gente insieme dal 2019 e spero che potremo avere molti altri eventi come questo, consiglio a qualunque persona interessata al mondo dell’illustrazione di farci un salto prima o poi.

Ho avuto modo di dare un’occhiata al lavoro di tanti bravissimi illustratori e confrontarmi con alcuni colleghi tra cui Francesco Baldassarre, che tra le altre cose è un eccezionale stampatore giclée, senza il quale non avremmo conosciuto questo metodo di stampa.

Vagando tra i banchetti sia io che Francesco abbiamo notato una cosa, diversi espositori avevano stampe digitali indicate come “fine art” o “giclée” ma era evidente come questo non potesse essere vero nel maggiore dei casi.

Perché?

Per due semplici fattori: la qualità e il prezzo.

Il termine giclée è abbastanza in uso all’estero ma poco conosciuto in Italia, e la definizione di digital fine art è ancora un po’ imprecisa ma cerco di riassumere cosa dovrebbe essere.

Si tratta di stampa inkjet di altissima qualità, che viene data dalla somma di: una vasta gamma cromatica (si possono ottenere colori brillanti,  pazzi, fluo, una meraviglia), pigmenti resistenti, carte di alta qualità, alta densità di punto colore, e un buon file di partenza.

Ma pigmenti resistenti a cosa? 

Alla luce principalmente.

Magari vi è capitato di passare davanti a vetrine di vecchi negozi e notare che le stampe dei alcuni prodotti, quelli esposti da tempo, fossero sbiadite, alcuni colori praticamente inesistenti.

Questo succede per via della radiazione luminosa, che fa decadere i pigmenti.

Sì, il sole è cattivo, mettete la crema solare.

Quindi i pigmenti resistenti alla luce in pratica sono stati studiati e testati per resistere anni ed anni a questa azione della luce, non spariranno dopo qualche anno che la nostra stampa è appesa al muro, anzi con le giuste circostanze potrebbero vivere più di noi.

Quindi pigmenti speciali, carte di qualità, bei colori, tante belle cose, in una parola: qualità . Sapete cosa comporta? Un costo.

Lo so, non è una novità che la qualità si paghi.

Quindi qual è il costo di una stampa giclée?

Per darvi un’idea condivido con voi il costo delle cartucce del nostro plotter, ne utilizza 10, e vengono prodotte in 2 formati, 700 e 350 ml e il costo è rispettivamente 260 e 150 euro l’una.

Mentre le carte possono arrivare a costare anche 3/4 euro al foglio per un A3.

Se fate due conti il risultato è “tanti soldi” quindi, questi fattori comportano dei costi mediamente più alti rispetto alla copisteria media, anche se stampa in maniera ottima.

Tornando ai mercatini ho visto stampe “fine art” vendute a 5/10 euro, ecco, questo non è sostenibile. Una stampa DFA non potete acquistarla dallo stampatore a meno di 5/6 euro (con alcune variabili come la carta) e a quel prezzo vi sta già facendo un favore.

E oltre al prezzo di stampa ci sono altre spese, il prezzo del banchetto ad esempio (sì, si paga solitamente), le tasse che l’illustratore dovrà pagare su questo, il guadagno effettivo tolte tutte queste spese.

In parole povere non è possibile vendere una stampa giclée a quel prezzo, aggiunto al fatto che qualitativamente era chiaro che non fossero che semplici stampe laser, diventava ovvio che non fossero stampe giclée.

Perché parlarne? Perché non va bene su più piani.

Da appassionata di stampa (e anche a livello egoistico, se vogliamo) temo che se le persone iniziano a vedere la parola giclée legata a questi prezzi sarà sempre più difficile comunicare e far comprendere il vero valore della stampa fine art e la differenza con una stampa di tipo diverso.

Non credo sia colpa degli illustratori che hanno esposto le stampe ma che semplicemente siano termini usati con poca coscienza proprio perché è un tipo di stampa poco conosciuto.

Come artisti e creativi è però nostro dovere informarci e informare, per arricchire noi stessi ma anche per poter comunicare ai clienti quello che facciamo, il valore che ha il nostro prodotto. Se non siamo noi in primis a farlo ci ritroveremo sempre a non essere capiti da chi ci sta di fronte e sarà sempre una gara al ribasso.

È  un problema molto diffuso tra i creativi, quello del valore, dal decidere i prezzi al semplice definirsi artisti o illustratori o quello che volete, non so se sia per stigma esterno o se parta proprio da noi, che per primi spesso minimizziamo e ci sottovalutiamo. 

Il mio vuole quindi essere un invito, stampa o no, a dare il giusto prezzo al proprio lavoro e a far capire a chi ci sta attorno, e guarda le nostre illustrazioni, stampe, opere d’arte, che non stanno comprando un semplice pezzetto di carta, ma una parte dei nostri anni di studio, delle nostre emozioni, idee, della nostra vita messa su carta.

Lascia un commento